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Mediazione attivata oltre il termine di quindici giorni disposto dal giudice: CONSEGUENZE

Quali sono le conseguenze della proposizione dell’istanza di mediazione oltre il termine di quindici giorni assegnato alle parti dal Giudice?

La Giurisprudenza di merito, chiamata a pronunciarsi sulle conseguenze del mancato rispetto del suddetto termine, è giunta a conclusioni contrastanti.

In alcuni casi ha ritenuto che il termine di quindici giorni

fosse perentorio, in altri che fosse ordinatorio, e in altri ancora che non si tratti di un termine endoprocessuale con conseguente inapplicabilità dell’art. 152 c.p.c..

La dottrina, affrontando la questione, è pervenuta in prevalenza alla soluzione che l’inutile decorso del termine dei quindici giorni per l’attivazione della mediazione non determini l’improcedibilità della domanda giudiziale nel caso in cui il procedimento sia stato, comunque, attivato in tempo utile o si sia concluso prima dell’udienza fissata per la prosecuzione del giudizio.

La Suprema Corte chiamata a pronunciarsi sulla questione ha affermato che ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità, in ipotesi di mediazione delegata ex art. 5, commi 2 e 2-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, ciò che rileva è l’utile esperimento, entro l’udienza di rinvio fissata dal giudice, della procedura di mediazione - da intendersi quale primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l’accordo - e non già l’avvio di essa nel termine di quindici giorni indicato dal medesimo giudice delegante con l’ordinanza che dispone la mediazione.

Secondo gli Ermellini, inoltre, l’attivazione della mediazione delegata non costituisce attività giurisdizionale e, conseguentemente, sarebbe impropria l’applicazione di termini perentori in mancanza di espresse previsioni in tal senso, che, peraltro, richiederebbero una manifestazione di volontà espressa da parte del legislatore.

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